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San Pancrazio di Nursis

San Pancrazio di Nursi, o Nursis, come riporta il Codice dell’Annunziata

Sedini. Chiesa di san pancrazioSi tratta probabilmente di un ambiente di vita collettiva, reliquia di un antico monastero non identificato con certezza. Questa chiesa si suppone sia stata adibita ad aula del  fuoco nella quale venivano accolti occasionali ospiti che hanno scolpito al suo interno un libro di pietra coperto di petroglifi. Questo locale diviene una chiesa tra il XI e XII  secolo. E’ l’unico ambiente residuo di un monastero d’ignoto Ordine del XII secolo, di cui si è perduta l’intitolazione originaria, trasformata probabilmente nel ‘500, in quella attuale. Secondo l’ipotesi del Coroneo, il priorato  era quello di San Pietro di Nurchi, ricordato nel 1117 e nel 1120 e donato dal donnicello Gonario, all’abbazia benedettina di Montecassino, ma recenti studi hanno appurato che tale monastero si trovasse nella Nurra di Sassari; nel 1500 la chiesa, del cui titolo si fregiava il vescovo di Ampurias, veniva ricordata con il nome di San Pancrazio di Nursi, o Nursis, come riporta il Codice dell’Annunziata, ovvero il libro parrocchiale dello scomparso villaggio di Speluncas, che si trovava non molto distante.

L’aula si presenta come un unico ambiente di forma rettangolare, illuminato da finestrelle-feritoie; la volta è a sesto acuto e sull’imposta aggettano delle mensole, su cui poggiavano probabilmente delle travi lignee. Esistono due vie d’accesso, una di punta, aperta in un momento successivo e l’altra sul lato nord, che era la via di comunicazione col convento; sulla parete ovest, che attualmente ospita un presbiterio, si notano le tracce d’impostazione della cappa di un camino medievale; lungo le mura della chiesa si aprono piccoli armadietti, alcuni murati successivamente e trasformati in ossari; tra i fregi, due croci scolpite in altorilievo, sulla parte bassa della muratura.

L’edificio, costruito in conci di calcare bianco alternati a conci di trachite rossastra, si presenta attualmente come un rettangolo allungato e dalle fondazioni affioranti, si deduce che il priorato doveva assumere una pianta quadrata, più alto di circa un metro. Fra le tante ipotesi sulla funzione del piccolo monastero, una molto suggestiva è sicuramente quella che lo inquadra come una dipendenza fortificata, ovvero una grangia di monaci, appartenenti ad un ordine militare, forse templare, posta lungo una via medievale di pellegrinaggio verso la Terra Santa; la tesi è avvalorata dalla presenza lungo le mura di circa 150 incisioni in forma di sandalo, le cosidette “orme del pellegrino”, accompagnate da iniziali, probabilmente il ricordo graffito sulla pietra, del passaggio di viaggiatori che affrontavano tale percorso. Alla statua del Santo si attribuiscono numerose guarigioni ed ancora oggi è conservata presso una famiglia, una mano che veniva usata per benedire il bestiame ed i campi, probabilmente unico residuo di un antico simulacro.